Gli anni passano e i giocattoli restano, alcuni cambiano, altri no. Soprattutto non cambia la loro identità di «vampiri commedianti che di notte vegliano sui bambini derubandoli momentaneamente della vita», demoni e angeli custodi, depositari di ricordi, paesaggi, odori. Sandra Petrignani ha scritto un libro sui giocattoli come se fosse «un libro sui fantasmi», dice Giorgio Manganelli nella riflessione autobiografica che l’opera gli ispirò e che qui riproponiamo. I fantasmi di Sandra Petrignani, evocati con la magia di sessantacinque capitoli-madeleine (birilli, bambole, pongo, shangai…), ricostruiscono la storia di un’infanzia degli anni Cinquanta fra un padre che t’insegna ad andare in bicicletta e una madre «preoccupata di sarte e parrucchieri» in malinconici interni borghesi contrapposti a rocamboleschi esterni che invitano alla libertà: «Fuori c’era la nebbia e c’era la neve, e un fiume largo con un nome breve. E nella nebbia fari improvvisi di biciclette. E si aspettava l’estate. E non si vedeva l’ora di crescere».