2 maggio. Ieri sera dopo cena dissi: «Voglio restare da sola per l’intera estate... Voglio impigrirmi perché la mia anima abbia il tempo e l’agio di crescere... Trascorrerò i mesi sui prati e nei boschi... Sarò felice, nessuno verrà a disturbarmi... Dove c’è silenzio, ho scoperto, c’è la pace». «Attenta a non bagnarti i piedi» disse l’Uomo di Rabbia. Così inizia questo divertente seguito del Giardino di Elizabeth, resoconto di quella che dovrebbe essere un’estate rigenerante. Non un libro sulla solitudine, però, quanto un diario sul desiderio di solitudine di chi si ritrova costan-temente invaso dalla presenza altrui. Le ore, infatti, non sono mai solitarie come la protagonista aveva pianificato: c’è l’Uomo di Rabbia con cui pacificarsi, le bambine che esigono attenzione, i domestici in attesa di istruzioni. Molte giornate iniziano con riflessioni sul giardino, che poi si evolvono in digressioni ironiche vuoi sulla debolezza umana, vuoi su indesiderati incontri sociali, sul sonno o sul tempo, con scambi satiri-ci e ciniche conversazioni su Dio, paradiso e inferno tra Elizabeth e l’Uo-mo di Rabbia, cui le tre figlie partecipano nel loro sincopato linguaggio infantile. Il libro riprende il tema conduttore della produzione di Elizabeth von?Arnim, la fuga. Tutte le sue eroine fuggono – dalla ricchezza verso la semplicità, da una vita casalinga convenzionale verso un viaggio all’estero, da una casa comoda a un’avventura in carrozza – e soprattutto fuggono, o sentono il bisogno di fuggire, dai mariti e dalla tirannia del matrimonio. Qui, come nel Giardino di Elizabeth, la fuga è semplicemente in un giardino da cui si gode un paesaggio più ampio, e che diventa sinonimo di gioia.
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Varianti
brossura
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