Scritte tra il 1954 e il 1958, ritrovate tra i documenti di famiglia dal nipote Stefano De Mattia, queste poesie rappresentano una tappa importante nella storia letteraria di Carmelo Bene: sono lo slancio dell'artista da giovane, che si misura con le parole, la forma e il suono, e ne sperimenta l'effetto; ma anche pagine di un diario intimo, in cui amore, solitudine, desiderio di fuga e d'indipendenza si mescolano con il racconto di ciò che si osserva, e il paesaggio là fuori riverbera e riflette quello interiore. E riascoltare la voce di Carmelo Bene comunica come sempre una profonda emozione.