Calogerino cresce a pane e tv in una delle tante periferie siciliane. Ha una fede cieca in quello che dice lo schermo non si sa con quanti pollici, indici, anulari e mignoli per dargli più di una mano. È un bamboccione quarantenne, rimbecillito dalla televisione, dai genitori, dall'assenza di vita sociale. Può essere preso dalla scienza come nobile esempio dell'ignoranza universale. È ingenuo, di non bell'aspetto e, per non farsi mancare nulla, è anche uno scapolone incallito. Non nel senso di avere i duroni nelle parti intime, che quelli si formano con l'utilizzo ippico smodato e lui non si può di certo vantare di averlo adoperato per fini ludico-ricreativi o edonistico-riproduttivi. Stanco di essere preso in giro, Calogerino prova a essere l'altro lato della medaglia: non più la croce e non più la testa di minchia. Per tirare fuori la parte latitante di se stesso, la televisione gli mette in testa una stramba idea: diventare il mafioso più spietato che la storia spietata della mafia abbia mai conosciuto. Farà solo ridere, divenendo protagonista di gesta esecrabili di una comicità scoppiettante, a tratti surreale, poetica e commovente.
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brossura
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