Scritto subito dopo la fine del sodalizio con Voltaire e pochi anni prima di morire, il Discorso sulla felicità fu pubblicato solo nel 1779 per volontà degli eredi. Il tema della felicità, caro da sempre alla filosofia, incontra il rimescolamento dei paradigmi proprio dell’Illuminismo attraverso il rifiuto per le speculazioni metafisiche e mistiche, valorizzando la via suggerita dalla Dea della ragione, che indica percorsi di riflessione personale dediti all’autentico ascolto di sé. Un breve saggio a carattere autobiografico in cui la donna scienziata, nell’affrontare il tema della felicità, non cede a sentimentalismi o a impostazioni epicuree. Il suo stile è asciutto e le sue riflessioni si rivelano corpose e delineate con lo spirito geometrico che la contraddistingueva. Ciò che può portare felicità a una donna è una maggiore coscienza di sé e una riflessione sulla complessità del vivere. L’autrice propone pochi ma ben ragionati consigli, oggi ancora validi di fronte all’universo esploso delle emozioni quotidiane e lo smembramento dell’io operato dai social media e dalle ultime tecnologie: avere aspirazioni, diffidare dai pregiudizi, predicare le buone maniere, prendersi cura di sé, distogliere la mente dalle idee tristi, moderare i desideri, dimenticare chi non ci vuol bene, amare più la cultura e il sapere dell’amore stesso.
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Olandese
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