Perfetto amalgama di poesia e affabulazione, di ricordi lontani e paesi remoti, le prose di "Secondo amore" ci trasportano in un mondo magico, popolato di giovani violinisti capaci di far danzare le stelle in cielo, agili ballerini col monocolo, clown lillipuziani e macrocefali, zingari accampati fra il bosco e la palude in una distesa di bianche tende. Ma riaffiora, costante, la Storia, evocata da un Natale di guerra sull'altipiano della Podolia, a due passi dal fronte; dalla presenza dell'Imperatore ("lui giace sepolto nella Cripta dei Cappuccini, sotto le rovine della sua corona, e io, vivo, mi aggiro tra loro"); dal cordoglio per la miseria austriaca al crollo della monarchia e per il tramonto della patria; dalla nostalgia degli esuli e degli emigrati - una nostalgia che può spezzare il cuore. E a ritmare l'intero libro è l'amore, che nel racconto eponimo si fa pura, toccante bellezza: nel bosco incantato teatro di incontri pudichi una risata si alza in volo "come un raro, sconosciuto uccello bianco", mentre i giardini esalano "il profumo del glicine con la fresca veemenza di un dolce vento". Un profumo inebriante oggi come allora.