Nonostante le critiche che il nostro secolo ha mosso alla visione ottimistica del presente, la fede nel progresso non è mai venuta meno. Eppure, in America oggi nessuna delle posizioni politiche tradizionali è in grado di fornire un’idea plausibile di progresso. Non ci è riuscita la destra, che continua a perseguire lo sviluppo dell’occidente a spese del resto del mondo. Ma non ci è riuscita neppure la sinistra, che ha propugnato l’estensione universale del modello di sviluppo occidentale, scoprendo poi che le conseguenze di tale modello non sarebbero sostenibili dal nostro pianeta. Allora cos’è il progresso, se non un falso mito che impedisce agli uomini di capire la direzione reale che ha assunto il corso della storia? Per verificare questa ipotesi, Christopher Lasch attraversa secoli di storia per costruire una tradizione culturale alternativa, mescolando politica, filosofia, storia e letteratura. Analizza i timori settecenteschi di Adam Smith (il primo ad aver respinto lo stoicismo dominante) per passare ai dubbi di Henry George, a fine Ottocento, sull’avanzamento paritario di progresso morale e progresso economico, toccando le reazioni alla Rivoluzione francese di Burke, il puritanesimo di Carlyle, e anche i movimenti politici, come l’anarcosindacalismo di Sorel o la resistenza non violenta di Martin Luther King. Per Lasch il progresso non è il prodotto di uno sviluppo inevitabile. Ma l’insieme di una serie di eventi e di circostanze fortunose. Inutile perciò schierarsi a favore o contro. Quello che gli uomini devono fare è intraprendere una terza via: la via della «buona vita». Capire, cioè, che ogni cosa ha un prezzo e che, se certi limiti sono stati posti, è opportuno rispettarli – per il bene di tutti. Solo così il progresso riguarderà più persone possibili.
400
brossura
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