Valtellina. Novembre 1994. Il settantenne Ulisse Bonfanti attende Giuseppe Farina davanti a un bar e, quando arriva, lo ammazza a colpi di piccone. Alla gente che accorre dice di chiamare i carabinieri, che vengano a prenderlo lui ha fatto quello che doveva. Erano quarantacinque anni che Ulisse mancava da quei monti. Dopo aver lavorato tutta la vita con la madre Giuditta in una fabbrica tessile piemontese, è tornato e si è rifugiato nella vecchia baita di famiglia, o almeno in quel che ne è rimasto dopo l'incendio appiccato nel 1944. Non un fiato, non un filo di fumo, non una presenza tutto intorno. In questo abbandono, tormentato da deliri e allucinazioni, Ulisse trascorre le sue ultime giornate di libertà camminando nei boschi, sdraiato davanti al camino, rivivendo la tragedia che ha marchiato la sua intera esistenza. Dimenticato da tutti, si rinchiude come un animale morente in quella malga dove nessuno si è avventurato da decenni. I ricordi della povertà contadina, della guerra, della fabbrica, dell'emigrazione e delle tragedie famigliari si alternano in una tormentata desolazione. Una desolazione che nasce dal trovarsi nell'abitazione dalla quale, cinquant'anni prima, è stata portata al cimitero la bara con il cadavere della sorella Nerina...
160
brossura
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